Intervista di Raffaella Ilari a ErosAntEros su VOGLIAMO TUTTO! . Sotto la grande quercia . 20 luglio 2019
IL CONFRONTO CON LA STORIA NELLA SPERANZA DI POTER CAMBIARE IL PRESENTE
Raffaella Ilari, “Sotto la grande Quercia”, 20 luglio 2019
http://www.istitutocervi.it/2019/07/20/intervista-a-alberto-rizzi-sotto-la-grande-quercia-2
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Perché gli anni ’68 e come li avete affrontati?
È da un po’ di tempo che la nostra ricerca teatrale si confronta con la Storia, seguendo la convinzione benjaminiana che questa sia fondamentale per comprendere e modificare il nostro presente. Dopo aver lavorato sulla Rivoluzione d’Ottobre con Ravenna Festival per il suo Centenario nel 2017, è stato naturale per noi accettare lo stimolo di Valter Malosti, nuovo direttore di TPE Teatro Piemonte Europa, e di Alessandro Bollo del Polo del ‘900 di Torino, a lavorare sulla rivoluzione del ‘68, in occasione dei suoi 50 anni nel 2018. Così è nato VOGLIAMO TUTTO! anche se poi, guidati ancora una volta da Benjamin, non abbiamo voluto compiere con esso un’operazione meramente commemorativa, ma cercare di portare alla luce rotture e analogie tra gli anni ‘67-’68-’69 e il nostro presente, con la speranza che gli spettatori escano dallo spettacolo con il desiderio di cambiare il proprio futuro, come hanno fatto i giovani di tutto il Mondo cinquant’anni fa.
Quanto c’è del romanzo di Nanni Balestrini a cui si riferisce il titolo?
Lo spettacolo prende il nome da uno degli slogan delle contestazioni, diventato anche il titolo del romanzo di Nanni Balestrini dedicato alla storia di Alfonso, un operaio-massa della Fiat entrato nel movimento torinese operai-studenti di quegli anni. Del romanzo compaiono nello spettacolo soltanto due frammenti, trasformati da Agata in monologhi nel capitolo dedicato alle lotte operaie. Di Balestrini, però, ci siamo nutriti anche nel prezioso lavoro di raccolta di testimonianze sul movimento del ‘68 e del ‘77 che ha fatto assieme a Primo Moroni per il saggio l’Orda d’oro.
Chi è chi rappresenta la giovane militante in scena?
Agata in scena è vestita come una giovane militante di oggi, con anfibi e felpa con cappuccio neri. Nello spettacolo è Luisa, Franco, Guido, Laura, Paolo, Giuseppe, Andrea, Oreste, Alfonso e molti altri, ma allo stesso tempo è una figura che vive il paradosso di dar voce a una moltitudine in completa solitudine, in uno spazio vuoto, come una pagina bianca su cui vengono lasciate tracce della storia, attraverso le parole dei protagonisti che l’hanno vissuta in prima persona. Quando abbiamo parlato con i Sessantottini, in molti, a prescindere dalla loro formazione politica (Lotta Continua, Potere Operaio, Gioventù Studentesca,..), hanno evidenziato la questione dell’essere in tanti. Le nostre generazioni hanno vissuto invece la situazione contraria: essere in pochi e sempre più mediati, da computer, telefoni cellulari, social. Per questo abbiamo deciso di far relazionare la figura di Agata con il pubblico principalmente attraverso la videocamera di uno smartphone, che ne cattura il primo piano e lo proietta a fondo scena, inserendosi nel montaggio video costruito da Davide con Antropotopia.
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Secondo voi si riescono ad incendiare oggi i cuori più giovani? E attorno a quali lotte?
Questo lavoro è nato anche con la volontà di dare spazio e voce a quei militanti che tutti i giorni fanno un lavoro di cura, assistenza e sensibilizzazione politica e culturale preziosissimi, spesso senza alcuna visibilità, se non quando si scontrano con l’ordine prestabilito e se ne parla in negativo. Alcuni spettatori, dopo aver visto VOGLIAMO TUTTO! ci hanno detto che si tratta di “uno spettacolo che incita alla rivoluzione”; altri che bisognerebbe portarlo nelle scuole per far venire voglia ai ragazzi di intervenire attivamente sul proprio presente. Magari, abbiamo pensato…Lo spettacolo nasce proprio con l’ambizione, o meglio il sogno, di rendere l’idea di poter “fare una rivoluzione” possibile e accessibile a tutti, e non, come spesso succede quando sentiamo parlare del ‘68 da qualcuno che mitizza o colpevolizza il periodo, di qualcosa di distaccato dalla nostra realtà, irripetibile, o in cui si celano le sconfitte che ci hanno portati all’odierna società dei consumi e dello spettacolo.