Silvia Napoli su Quelli che si allontanano da Omelas, “il manifesto”, 1 novembre 2025
Quando il suono è tutto, o quasi. Rassegne, visioni, programmazioni a confronto
Silvia Napoli, “il manifesto”, 1 novembre 2025
https://www.ilmanifestoinrete.it/2025/11/01/quando-il-suono-e-tutto-o-quasi/
“[…] Lo spettacolo scorre così, frontale al pubblico come una liturgia che naturalmente come tutte le liturgie che si rispettino, cela un mistero. Mistero inattingibile ma ben strutturato nei suoi effetti secondari, in cui da un lato si evidenzia il valore dell’umana fallibilità, che forse era a suo tempo la preoccupazione centrale dell’autrice denunciando un mondo di ingegnerie sociali a venire, che in verità non si sono poi così verificate. Questa fase di capitalismo estremo sembra propendere per un caos catastrofico più che per una regolamentazione ferrea e non negoziabile dei principi, dunque quello che qui si evidenzia maggiormente è un altro tema: quello delle trasmissioni valoriali o viceversa rotture tra generazioni, quello del destino dei nostri giovani, in definitiva un tema di Futuro possibile o immaginabile. In questo lo spettacolo porta una cifra dolente nascosta nelle pieghe della vertigine temporale tra futuro affermato nelle intenzioni negato nelle premesse e nella sua costruzione ed eterno presente circoscritto perché la famosa comunità sa essere un luogo claustrofobico e persecutorio, una stanza buia come l’inconscio collettivo, questo oggetto tanto discusso eppure misterioso. i richiami, i riverberi così come quelli e della voce recitante e di quella canora, sono così a tutta una letteratura e a una filmografia, fino ai racconti della nostra Verasani che ci parlano di un desiderio dei nostri giovani di uscire dall’inquadratura. In maniera definitiva ed accusatoria. Robin’s è ieratica, spaziale, iconica e allo stesso tempo tagliente e accogliente là dove serve cambiare il registro e indirizzarci tutti dalla critica alla pietas. Le immagini documentarie di tragedia bellica e coloniale nonché erodiade di massa, non lasciano adito a dubbi sul fatto che si alluda ad una nostra possibile diserzione dall’orrore attuale. Naturalmente il suono la fa da padrone non solo nel senso evidente della presenza rock in scena, ma anche nell’ambientazione sonora complessiva che è parte costituente dell’immaginario che ci viene consegnato. Del resto, Davide Sacco è maestro in questa funzione ‘creattiva’ e costruttiva.”