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Andrej Čajni su Sulla difficoltà di dire la verità, Joakimfest, 8 ottobre 2025

Metodologia della verità
Andrej Čajni sul giornale del Joakimfest, 8 ottobre 2025

Quando ho letto Il capitale di Marx, ho capito i miei pezzi. Così scrive Brecht in uno dei suoi frammenti, suggerendo la complessità della sua visione dell’arte. L’arte non è solo universale, ma è anche storicamente condizionata dai rapporti economici e di classe. La vita e l’opera di Brecht si esauriscono proprio nella ricerca di uno sguardo critico ed estetico sulla contemporaneità.

Così anche nel saggio del 1934. Cinque difficoltà per chi scrive la verità, che ha il carattere di un manifesto, Brecht sottolinea in ciascuna delle sfide illustrate come pericolo la barbarie del fascismo, il mostro che negli anni Trenta ha conquistato la Germania e lo ha costretto ad emigrare. Il fascismo, secondo lui, non è una forza naturale che si è abbattuta sul popolo, ma una fase storica in cui è entrato il capitalismo. Egli sottolinea l’inutilità di reagire alle conseguenze e la necessità di affrontare le cause, riconoscendo il capitalismo come il vero oggetto dei suoi scritti artistici e filosofici (molti lo definiscono anche un filosofo del teatro).

Brecht è oggi più attuale che ai tempi in cui scriveva. Il volto del capitalismo è cambiato, ma le sue condizioni sono aumentate in modo esponenziale, non solo dal punto di vista geografico, ma anche psicologico. Non è più solo un sistema economico, ma un modo di pensare in sé, motivo per cui Fredric Jameson afferma che oggi è più facile immaginare la fine del mondo che la fine del capitalismo. In un sistema ideologico dominante è difficile riconoscere la verità, e l’artista si trova di fronte a un compito impossibile: deve avere il coraggio di dirlo, la saggezza di riconoscerlo, l’abilità di strumentalizzarlo, la capacità di trovare coloro che potranno renderlo efficace e l’astuzia di diffonderlo tra loro.

Forse è troppo pretendere da un artista che compia un’impresa del genere, e forse questa è una sfida che deve essere affrontata con le capacità della società. In un contesto più modesto, diffondendo la metodologia della lotta per un ordine più giusto, si può valutare la decisione del tandem del gruppo ErosAntEros, composto da Davide Sacco e Agata Tomšič, di mettere in scena il saggio in questione.

Per affrontare il problema della messa in scena di un materiale testuale che non ha carattere teatrale, gli autori non hanno dovuto cercare nuove soluzioni, poiché Brecht stesso ha sviluppato procedure utili in tali occasioni. Il cosiddetto montaggio brechtiano è servito loro come punto di riferimento per l’approccio registico. Esso si manifesta attraverso la rappresentazione parallela e sincronica di diversi segmenti, due o più azioni, come ad esempio la situazione in cui la recitazione teatrale e la proiezione di un filmato documentario si svolgono contemporaneamente. La simultaneità delle impressioni sensoriali è ottenuta attraverso la parola, la proiezione e il suono, che entrano nel commento, nell’enfatizzazione e nell’attualizzazione del saggio.

Il discorso di Agata Tomšič al microfono è accuratamente segmentato da variazioni ritmiche, melodiche e semantiche. La sua intonazione oscilla tra la calma eleganza della lezione e la sarcastica distorsione dell’invettiva, a seconda che il testo esprima un pensiero da condividere o da respingere. La dizione impeccabile, che rasenta il canto atonale, è accompagnata da numerose scene di protesta immortalate dal fotoreporter e attivista Michele Lapini. Ad esempio, mentre ascoltiamo l’attrice parlare del coraggio necessario per dire la verità, sullo sfondo vedremo la fotografia di una coppia di anziani che bevono idilliaci del vino in un caffè all’aperto, mentre dietro di loro si trova un cordone di gendarmeria che affronta i manifestanti: una scena contrastante che dice che la verità non è sempre nel vino.

La musica elettronica di Davide Sacco funge da ponte tra immagini e suoni. L’accompagnamento musicale mantiene sempre un certo livello di tensione, attenuandosi quando il discorso è più pacato e aumentando quando si passa a toni verbali più aggressivi. La proiezione delle immagini pulsa in modo aggressivo al ritmo della musica quando il testo esprime giudizi negativi. Al contrario, quando vuole enfatizzare e affermare singole affermazioni, Agata Tomšič si allontana dal microfono, si avvicina al proscenio e, con calma e umiltà, continua la sua performance, attirando così l’attenzione speciale del pubblico.

Con le tecniche di montaggio indicate, gli autori seguono le tecniche sceniche brechtiane. Con l’intento di provocare il pensiero critico e trasmettere l’idea attraverso una scenografia essenziale, la riduzione degli oggetti di scena, concentrandosi sulle componenti testuali e verbali, sulla frammentazione, sull’eliminazione dell’illusionismo, sulla ripetizione e sul minimalismo, Tomšič e Sacco si avvicinano all’arte concettuale influenzata dall’eredità di Brecht. Sebbene per lui il divertimento a teatro fosse estremamente importante, poiché l’allarme critico del pubblico non può essere efficacemente trasmesso se si elimina l’elemento di attrattiva e dinamismo, il processo descritto della poetica brechtiana si ripete costantemente dall’inizio alla fine, creando una certa dose di monotonia esecutiva che è spesso presente nel teatro concettuale.

Lo spettacolo Sulla difficoltà di dire la verità dimostra che la sfida di confrontarsi con la verità rimane rilevante come quando Brecht scrisse, ma sempre in circostanze storiche specifiche. In linea con la poetica di Brecht, essa rivela e mette in luce i rapporti di potere, ponendo la questione di come la verità possa essere riconosciuta e trasmessa in contesti sociali complessi. In questo modo, l’opera funziona come un esperimento di riflessione, invitando il pubblico alla riflessione e all’atteggiamento critico. Proprio per questo, la rappresentazione nel contesto della “Serbia pompa” assume un significato completamente nuovo che esula dal contesto dell’esperienza italiana o tedesca.”