Anja Quickert su Materiale per Medea, “Ravenna&Dintorni”, 25 settembre 2025
Medea, ancora
Anja Quickert, “Ravenna&Dintorni”, 25 settembre 2025
Contributo di Anja Quickert attorno a Materiale per Medea in occasione dell’anteprima a Ravenna il 26-27 settembre 2025 e della Tavola Rotonda Medea: Dialoghi su una riva desolata. Un dialogo tra Anja Quickert, Daniela Sacco, Azadeh Sharifi, Agata Tomšič, coordinato da Benedetta Bronzini. In collaborazione con Goethe-Institut Mailand.
Traduzione dal tedesco di Benedetta Bronzini.
“Heiner Müller scrisse l’opera teatrale Verkommenes Ufer Medeamaterial Landschaft mit Argonauten nel 1982. Essa trasforma il mito in un trittico tanto tragico quanto apocalittico, che sovrappone diversi livelli temporali, li intreccia tra loro e parla dalla prospettiva di un io collettivo.
Il testo è stato scritto per disturbare. Vuole interrompere la continuità di una “totale occupazione del presente”, che Müller considera la coscienza sociale dominante dei paesi industrializzati occidentali. Qui il passato e il futuro vengono soppiantati da una “equivalenza abbreviata tra progresso e miglioramento”, che porta dalla perdita delle prospettive storiche alla perdita delle prospettive utopiche. L’Occidente – il sistema patriarcale, bianco, orientato alla logica capitalistica dello sfruttamento e della selezione – si trova in una “sala d’attesa della storia”. La speranza di cambiamento esiste solo ai suoi margini, nella periferia emarginata: l’emancipazione del Sud del mondo e delle donne. Nell’incarnazione di Medea si fondono entrambe queste risorse: la straniera, la migrante minacciata dall’esclusione sociale, e la donna e madre.
“L’odio dello straniero verso la comunità che lo esclude è illimitato: sfocia nel desiderio di essere accolto nella comunità odiata”, scriveva Müller nel suo dattiloscritto “[Nell’autunno del 197.. morì …]”, ritrovato postumo tra le sue cose, che descrive le sue esperienze formative del periodo prebellico. Allo stesso tempo, l’“odio dello straniero” deriva proprio da questa esclusione, da una disperazione che è senza limiti, ma che si manifesta ai confini della “fortezza Europa” sotto forma di crisi sociali, politiche e umanitarie di migrazione, selezione ed emarginazione. Come una guerra dei poveri contro i più poveri.
Già nel 1992, davanti alle rivolte xenofobe a Rostock-Lichtenrade, Heiner Müller scriveva nel suo breve saggio Die Küste der Barbaren (La costa dei barbari): “La barca è piena (…) e all’ordine del giorno c’è la guerra per i giubbotti di salvataggio e i posti nelle scialuppe, di cui nessuno sa dove potranno approdare, se non su coste cannibali. Ognuno è solo con la domanda su come spiegare questa situazione al proprio figlio. E forse questa solitudine è una speranza”.
Oggi, 33 anni dopo, la dialettica dell’odio si è ulteriormente intensificata. La speranza, invece, si è notevolmente ridotta. – Medea, ancora.”