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Maria Dolores Pesce su LIBIA, “Rumor(s)cena”, 19 ottobre 2022

MARE NOSTRUM
Maria Dolores Pesce, “Rumor(s)cena”, 19 ottobre 2022
https://www.rumorscena.com/19/10/2022/mare-nostrum

La “Quarta Sponda”, la ex Colonia dei fasulli destini imperiali, la cacciata degli italiani, Gheddafi e il petrolio, la guerra e i migranti. Sono tante le immagini che il nome Libia suscita alla mente, immagini che in realtà sono solo i riflessi di un luogo forse ancora simbolico ma che ci è diventato man mano e sempre di più sconosciuto. Con il suo nuovo spettacolo Libia, presentato in anteprima, ErosAntEros, e cioè Agata Tomšič e Davide Sacco, tenta una operazione interessante e anche complessa, quella di trasfigurare esteticamente i reportages di Francesca Mannocchi, già trasposti in graphic novel da Gianluca Costantini, per consentirsi e consentirci una conoscenza diversa di quel luogo ormai diventato mistero, che mescoli i rigori della cronaca d’inchiesta con la libertà della narrazione, tentando di intercettare e dare voce alle sfumature dell’umanità che quel mistero popola e alimenta.

In fondo dare immagine, voce e corpo alla Libia vista dai libici, nelle contraddizioni di un paese da un decennio in guerra, ricchissimo di risorse ma povero di prospettive, un paese anche cattivo, per volontà o per forza, che si trova a sfruttare il desiderio di Europa e salvezza dei migranti africani, costringendo loro al rischio di una morte in mare e noi al dilemma tra accoglienza/salvezza e rifiuto, in un tragico e perpetuo traffico di esseri umani ridotti a freddi numeri di uno sbarco ovvero di un naufragio.

Così mentre sullo schermo scorrono animati i disegni di Costantini, quasi uno sguardo che scivola da una nave che accosta a quelle terre, ai lati del palcoscenico Agata Tomšič e Younes El Bouzari danno a quelle immagini parola e, con quella profondità simbolica che la parola porta con sè, creano una prospettiva estetica su cui si riflette la suggestione della cronaca, mentre la musica dal vivo di Bruno Dorella ne alimenta corrispondenze e nuove significazioni.

Ne nasce uno spettacolo in un certo senso tridimensionale dal punto di vista narrativo, nel quale le tre dimensioni (visiva, recitativa e musicale) nel loro reciproco interagire cercano di creare quella quarta dimensione estetica che solo nella contingenza del palcoscenico può realizzarsi offrendo alimento alla nostra curiosità e alla nostra necessità di capire, continuamente stimolata e continuamente intercettata. Uno spettacolo certamente complesso di cui non si può non apprezzare lo sforzo di recuperare al teatro una dimensione politica che vada oltre la cronaca (o anche l’odierna e vuota politica politicante) riportando in scena una condizione che sia intima e psicologica ma anche capace di illuminare la storia che le singolarità esistenziali sostengono e vivono inevitabilmente in una situazione collettiva e condivisa.

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