Andrea Bagnoli su GAIA, “Radio Antipaniko”, 12 giugno 2023

GAIA
Andrea Bagnoli, “Radio Antipaniko”, 12 giugno 2023
Ieri sera sono andato, al Teatro Alighieri a vedere GAIA, produzione della compagnia teatrale ErosAntEros, quale ultimo spettacolo della loro rassegna “POLIS Teatro Festival” e coprodotto con e inserito nell’ambito del “Ravenna Festival 2023”.
Allego al post una foto da me scattata, dopo gli applausi di fine spettacolo, poco prima di uscire dal teatro, nel quale si può vedere quello che per me è il “Vello di Gaia”, un drappo blu, che rappresenta l’ambiente del pianeta vivente, GAIA per l’appunto, che l’umanità ha portato verso un presente apocalittico collasso ambientale.
Il riferimento alla mitologia e alla teatralità corale greca è ben presente in tutto lo spettacolo, nel quale, la nascita dell’universo e di GAIA, vengono narrati, con vocalità iniziale da Pizia dell’Oracolo di Delfi, dall’interprete di GAIA, Agata Tomšič, in combinazione con il music design del regista, Davide Sacco, le video proiezioni di Franceso Tedde e le luci di Marco Rabiti, che hanno trasformato in scena tutto l’interno del Teatro Alighieri, la cui morfologia di palcosenico, golfo mistico e platea, sono state modificate, per toalizzare la presenza scenica all’interno della sala e la fruizione dello spettacolo da parte degli spettatori.
Non si “rompono pareti” dal punto di vista recitativo, ma allo stesso tempo il pubblico diventa “parete” dello spettacolo, venendo assorbito dalle proiezioni, che sono parte integrante della narrazione di GAIA, sia come didascalie a quanto recitato, sia come immagini complementari e didascaliche alla stessa narrazione.
Fondamentali, nell’economia visiva della narrazione, sono anche i costumi, realizzati da Arianna Fantin e dalla sartoria, composta da Manja Beneke e Marta Benini.
GAIA emerge dal Kaòs e in forma primordiale di pesante e rocciosa “Dea Madre” di preistorica memoria, partorisce il suo stesso ecosistema, che diventa la sua veste blu, a strascico circolare.
Nella sua narrazione, che diventa sempre più potente, espressionista e declamatoria, GAIA fa intendere, tramite l’esempio delle precedenti estinzioni di massa, che, anche se questa in corso, è causata dalll’umanità (quanto quella dei dinosauri è stata causata da un meteorite), sarà sempre comunque la Natura a dire l’ultima parola (o a dare l’ultima regolata) e a decidere chi si salverà, o chi soccomberà, all’interno di ogni ciclo ambientale.
Il tutto viene accompagnato, sia dalla ciclica innocenza dei girotondi infantili degli ecosistemi (sia primordiali, sia futuri) sia dal coro dell’umanità, che è contestatrice e attrice della sua stessa rovina.
Si arriva ad un crescendo vocale e sia fisico, che unisce canto e danza, in modalità che fondono: un tetro “Gran Ballo Excelsior” dei record della corrente devastazione ambientale (cantato da GAIA in modalità post-brechtiane), allo sterminio apocalittico dell’umanità e della stessa GAIA, rappresentato con una danza, esaltata da un martellante ritmo techno, che rimanda a “La Sagra della Primavera” di Stravinsky, proprio nel centenario della sua “prima”.
GAIA nell’apocalisse finale, oltre a cadere, perde il suo strascico-ecosistema, che viene appeso, come il “Vello d’Oro” della leggenda di Giasone e Medea, divenendo, per l’appunto, quello che all’inizio ho definito il “Vello di Gaia”, cioè un ecosistema, che aspetta una nuova incarnazione ambientale, la cui anticipazione è sottolineata dal canto degli uccelli e dall’illuminazione verde che chiude lo spettacolo, a significare che la vita continuerà, anche dopo quelli “blu” dei dinosauri e dell’umanità, in un nuovo e imprevedibile ciclo.
Queste sono le mie impressioni, sullo spettacolo visto ieri sera.
Certamente sono parziali, di una persona non specializzata nelle faccende teatrali, che però ammira e simpatizza, sia artisticamente, sia umanamente, per “ErosAntEros” e per le sue scelte estetiche, che definirei, sia espressioniste, sia cyberpunk; di sicuro ben attuali e marcatamente appartenenti a questo secolo, cosa secondo me altamente positiva, nel nazionale “loop del ventesimo secolo” che tocca vivere fin troppo spesso, nei campi più svariati.
Lo spettacolo è recitato e didascaliato visivamente, sia in Italiano, sia in Inglese; spero che possa essere tradotto in altre versioni bilingue, in modo che possa girare il più possibile, sia in Europa, sia nel Mondo, perché le sue tematiche sono veramente mondiali e nessuno di noi, può considerarsene esente, o peggio ancora, indifferente, perché con l’autoassoluzione, o l’indifferenza, l’umanità potrebbe veramente finire, come in queste parole di “Aut Aut” di Søren Kierkegaard, nel 1853, che non a caso chiudono GAIA:
«Accadde in un teatro che le quinte prendessero fuoco. Il pagliaccio venne a darne notizia al pubblico. Tutti credettero che fosse soltanto una battuta di spirito e il pagliaccio fu applaudito. Allora egli ripeté l’avviso, ma il divertimento aumentò ancora. Ecco, penso che il mondo perirà tra il divertimento universale della gente di spirito, che crederà che sia uno scherzo».
Sicuramente, considerando l’emergenza alluvione in corso e le mie giornate di giovedì e sabato dedicate ad esso, per me, la visione domenicale di GAIA, è stata la chiusura di un cerchio carico di moltissimi significati.