Ludovica Taurisano su Sulla difficoltà di dire la verità, “PAC”, 13 marzo 2025

Chi ha ancora il coraggio di dire la verità? ErosAntEros e la rilettura di Bertolt Brecht
Ludovica Taurisano, “PAC”, 13 marzo 2025
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“C’è chi tira cannonate e chi tira i binocoli a teatro. Chissà quale forma di lotta genera risultati più duraturi. Questa è la domanda che assilla alla fine della visione di uno spettacolo come Sulla difficoltà di dire la verità. A uno spettacolo così bisogna essere pronti: intendo dire, essere mentalmente predisposti all’impegno, alla fatica della concentrazione. ErosAntEros non cerca vie edulcorate per denunciare l’agonia della verità (aggiungo io, dell’onestà intellettuale) dei nostri tempi. Del resto, una denuncia morbida e carezzevole è una contraddizione in termini. Eppure persino le denunce stanno sbiadendo in questi tempi accomodanti in cui le polemiche, rivoltate e denudate delle loro ipocrisie, hanno fini di costruzione di un consenso privato. Invece, ErosAntEros aggira la polemica sterile e, anzi, si scaglia proprio contro gli astrusi rigurgiti filosofici dell’intellettualismo contemporaneo blandamente politico.
Nella proposta di Davide Sacco e Agata Tomšič, la matrice testuale è immediatamente riconoscibile. L’architettura dello spettacolo ha lo stesso andamento di un manifesto politico-letterario, non soltanto per l’evidente divisione in capitoli – procedimento ormai consueto anche per l’esperienza filmica e teatrale – ma per la paziente elaborazione teorica che sottende all’appello finale. Dichiaratamente lo spettacolo prende avvio dal saggio di Bertolt Brecht scritto del 1934, dopo l’avvento di Hitler al potere, Cinque difficoltà per chi scrive la verità.
L’adattamento ha lo spessore della consapevolezza. Per diretta dichiarazione degli artisti, è un procedimento citazionistico, nel senso di Walter Benjamin: il testo non viene riesumato per malinconia passatista o vezzo analogico. Ciò che sconcerta lo spettatore è l’assoluta attualità di quel reperto del secolo scorso, non solo per la pregnante eloquenza dei j’accuse, ma anche per il ricamo accorto degli artisti che fanno luce sui parallelismi.
Letteralmente, fanno luce e fanno suono. Sulla difficoltà di dire la verità è uno spettacolo scenicamente povero in apparenza, perché lo spazio nudo ospita esclusivamente corpo-voce e il corpo-luce dell’attrice: definire la sua una performance vocale è corretto, perché da lei fuoriescono una voce esterna, quasi divinatoria, e una voce della coscienza, pervasiva e virale nella sua capacità di rendere densa l’aria, complice anche la struttura intima del Teatro della Contraddizione.
I registri vocali sono in perfetta sintonia con i momenti del testo e con le parole che Tomšič accarezza con le mani e riecheggiano nei live electronics di Davide Sacco avvolgendo, senza lesinare anche sulla violenza del suono, lo spettatore. Allo stesso modo, è il corpo-faccia di Tomšič a essere polo magnetico assoluto: una faccia plastica, che si dilata e si deforma quando investita da luce livida, contendendosi il centro di attenzione con le immagini crude ed evocative di Michele Lapini. Come nella cifra stilistica del duo, infatti (è il caso di nuovo della produzione internazionale del Brecht di Santa Giovanna dei Macelli, ma anche di Vogliamo tutto!), l’apparato visuale dello spettacolo è affidato alle proiezioni sullo sfondo in un rapporto dialettico multilivello tra testo, iconografia e performance. […]”