Reportage di ErosAntEros dal Festival d’Avignon pt. 2, “PAC”, 30 luglio 2023
REPORTAGE dal Festival d’Avignon 2023: seconda parte: 6-7 luglio
Agata Tomšič e Davide Sacco / ErosAntEros, “PAC – Pane Acqua Culture”, 30 luglio 2023
https://www.paneacquaculture.net/2023/07/29/reportage-dal-festival-davignon-2023-seconda-parte-6-7-luglio/
Iniziamo la nostra seconda giornata al Festival al Cafè des idee con Julie Deliquet e Frederick Wiseman, regista teatrale per la prima volta ad Avignone, lei, documentarista lui, parlano di Welfare, lo spettacolo che vedremo alla Cour d’honneur du Palais des papes questa sera. Il lavoro è tratto dall’omonimo documentario di Wiseman del 1973, che 50 anni dopo viene adattato al teatro, “manipolato come se fosse un’opera teatrale classica, una Fedra di Racine”. Il film svelava il malfunzionamento del sistema del welfare americano, la follia della macchina burocratica dello Stato che non tiene conto dei casi particolari della vita delle persone, ponendo l’accento sulla questione della solidarietà, secondo il cineasta questione essenziale per cui tutti dovremmo lottare ancora oggi, perché le situazioni che si creano sono le stesse, “si tratta di ragionare su come ci prendiamo cura socialmente delle persone”.
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Il giorno seguente, 7 luglio, raggiungiamo un altro palco all’aperto di ancora più ampie dimensioni, ma dove, al contrario, il regista dimostra di saper maneggiare con grande maestria gli imponenti elementi scenici naturali della Carrière de Boulbon che accolgono il suo Le Jardin des délices. Ancora una volta Philippe Quesne trascina gli spettatori in uno dei mondi fantastici che costruisce sulla scena, traendo ispirazione dal famoso trittico di Hieronymus Bosch.
Un autobus entra in scena spinto da un gruppo di attori in abiti anni ‘70, con capelli lunghi e cappelli da cowboy, che escono e rientrano più volte, sistemando il terreno con dei picconi, portando un uovo gigante e alcuni elementi tecnici, come telecamere, altoparlanti e microfoni panoramici, che vengono esposti a vista e con cui più volte gli attori giocheranno durante lo spettacolo, accentuandone la dimensione finzionale. Sulla stessa scia, uno di loro colpisce il lungo ledwall sulla destra, su cui compare il titolo dello spettacolo. Dopo una prima serie di canzoni in cerchio, risalgono sul bus e brindano “a tutto quello che sappiamo e a tutto quello che c’è ancora da scoprire!”, facendoci diventare voyeur di questo luogo chiuso, amplificato e illuminato dall’interno, dove accadono meraviglie. Scendono di nuovo e uno di loro propone: “facciamo un cerchio di parole, in cui ciascuno è libero di esprimersi liberamente”; la maggioranza vota a favore per alzata di mano. Aprono una valigia piena di libri da cui ciascuno può trarre ispirazione, inizia un gioco in cui a turno uno di loro legge, un altro suona e un altro ancora assume una postura plastica al centro del cerchio. Lo spettacolo è costantemente metateatrale, attraverso piccoli segni, come quando il violoncellista chiede se “è possibile spegnere questo ronzio” mentre legge la sua poesia e dalla regia viene spento il forte suono di cicale in cui da prima dell’inizio dello spettacolo eravamo immersi, nell’ilarità generale del pubblico. […]